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Vattimo e l’arte perduta di litigare

Gianni Vattimo è legato ad uno dei momenti più divertenti e formativi a cui abbia mai assistito e che ancora rimpiango. Negli anni ’90 ebbi infatti la fortuna di assistere al Teatro Colosseo di Torino ad un mitico dibattito tra lui e il fisico Tullio Regge dove già il titolo: Scienza […]

Vattimo e Regge

Gianni Vattimo è legato ad uno dei momenti più divertenti e formativi a cui abbia mai assistito e che ancora rimpiango. Negli anni ’90 ebbi infatti la fortuna di assistere al Teatro Colosseo di Torino ad un mitico dibattito tra lui e il fisico Tullio Regge dove già il titolo: Scienza e filosofia: dialogo o scontro?” prometteva scintille.

Era nota infatti l’allergia di Regge nei confronti degli epistemiologi e probabilmente dei filosofi in generale (una sindrome immunologica di cui credo di soffrire anche io) e la lingua affilata di entrambi gli oratori, oltre che la loro enorme cultura, prospettava un incontro al fulmicotone.
Non fummo delusi. Sul tema i due avevano posizioni chiaramente antitetiche che difesero strenuamente. Ma erano anche amici e intellettuali di intelligenza ben oltre la media e quindi fu una serie ineguagliabile di battute, frecciate in punta di Fisica e Filosofia, racconti e semi-sfottò dove Regge – da scienziato- sosteneva la sostanziale inutilità scientifica dell’interlocutore e Vattimo lo perculava tacciandolo di gretta ignoranza.

In un altro contesto, con altre persone, sarebbe stato un bagno di sangue perchè quello che si dicevano ad una mente meno aperta e intelligente poteva anche risultare offensivo. Ma loro si divertivano, e noi con loro, e si imparava perché anche la minima battuta era un concentrato di ragionamenti e nozioni che i due spiegavano e raccontavano, anche se nel frattempo erano intenti a punzecchiarsi a sangue. Mi sembra di ricordare, ma non vorrei sbagliare, che fossero moderati dal mitico Piero Bianucci che naturalmente, buttava benzina in quel magico fuoco.
Si potevano facilmente immaginare i due a discutere per ore in una piola torinese, oppure al telefono come pare in effetti facessero d’abitudine.

Per me che iniziavo il lavoro di giornalista scientifico vedere quel dibattito fu un esempio particolarmente illuminante. Si potevano mettere insieme – in modo per nulla paludato- persone che letteralmente litigavano sul palco ma con stile e intelligenza, e ne scaturiva qualcosa di divertente e istruttivo per il pubblico, cosa che avevo sempre creduto ma che non avevo mai ancora visto praticare a quel livello, almeno da noi.

Quell’incontro era una forma di dissing di alto livello. Partiva dai presupposti del talk show ma funzionava al contrario, trasformando la polemica in crescita e non il ragionamento in caciara. Anche chi come me tifava spudoratamente per uno dei due (e avete capito chi era) poteva apprezzare la finezza di ragionamento dell’altro, riderne e allo stesso tempo imparare qualcosa.
E’ un esempio che purtroppo non ho più visto applicare negli anni successivi. Non tanto e non solo per carenza di oratori all’altezza (che volendo si troverebbero, anche se quei due erano al top) ma perché respiriamo tutti un’atmosfera decisamente diversa e più avvelenata. Le piattaforme, la propaganda, la polarizzazione e le bolle social rendono sempre più difficile litigare in modo divertente e costruttivo. 

Ve li immaginate oggi due accademici che si danno reciprocamente dell’inutile e dell’ignorante, tirandoci dentro tutta la categoria dei loro colleghi? Tarantino potrebbe piazzare una telecamera e girarci una scena splatter. Forse perfino Regge e Vattimo se oggi discutessero su Twitter  si manderebbero a cagare e si bannerebbero a vicenda non parlandosi mai più.

Perfino nella vita reale sembra che abbiamo smesso di litigare bene. C’è il terrore palpabile verso il confronto aspro ma intelligente di visioni che rischia di rovinare una serata, invece di arricchirla.

La battuta polemica, l’esca di un sano dissing viene presa come offesa personale. L’ambiente si gela per la paura che tutto degeneri in un attimo. Il livello di discussione va tenuto sempre entro confini retorici che non scontentino nessuno, entro paletti emotivi streti, insopportabili e incompatibili con la crescita intelligente, che da sempre passa anche da qualche metaforico, amichevole e non malevolo graffio.
Questa forma di terrore, non detto e non scritto, nei confronti del dissing sembra contagiare sempre più anche il nostro lavoro che invece dovrebbe anche prevedere lo scontro utile e ben fatto.

Contagia chi organizza dibattiti scientifici e festivalieri, dove chissà perché si pensa che la polemica, ancorché interessante e civile, non abbia posto. I membri di un panel sono quasi sempre scelti per raccontare pezzi diversi della stessa storia, non per discutere tra loro.
Le poche volte che, invitato a parlare, ho garbatamente offerto un punto di vista vagamente contrastante con qualcuno del mio panel, oppure sono intervenuto in qualche dibattito online, ho percepito le occhiate riprovevoli e terrorizzate dei miei colleghi e ricevuto messaggi del tipo “lascia stare, che poi sembra che non andiamo d’accordo neanche tra noi e il pubblico si confonde”.

Si confonde? Ma se togliamo la polemica ben fatta, se disabituiamo la gente a litigare bene, a difendere e confrontare le idee, rimane solo l’alternativa tra lo sproloquio autoreferenziale e la polemica vuota e velenosa dei talk show. Quello sì che confonde. Ed è quello che sta succedendo.

Insomma, non ho mai seguito particolarmente Vattimo e come avete capito riguardo alla filosofia la penso come il compianto Regge. Ma oggi pagherei oro per rivedere due persone così litigare bene, con tutta la competenza, l’ironia e il tempo che occorre per tirarci fuori qualcosa di utile.
Regge all’aldilà non ci credeva, Vattimo non l’ho capito se ci credeva o no. Ma se c’è qualcosa, suppongo che ora che anche Vattimo se n’è andato, saranno già lì a insultarsi.

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