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NPR lascia Twitter. L’incubo delle piattaforme si avvera?

La carenza di contenuti veri, non di iscritti, è il vero incubo delle piattaforme.

 

Npr quits twitter

Una delle più grandi e prestigiose media organization- con la quale ho avuto anche il piacere di collaborare- smetterà di postare nuovi contenuti su Twitter. Il casus belli è il label (governement-funded media) che Musk ha arbitrariamente affibbiato a NPR e che l’emittente rifiuta categoricamente. Ma non è sul motivo dello scontro che mi interessa riflettere.

Il punto è che NPR è forse il primo grande produttore di contenuti a mettere le piattaforme social di fronte al loro vero incubo: rimanere senza contenuti. Cosa che si sta silenziosamente realizzando, a prescindere dalla mossa di NPR.

Le piattaforme non diventano miliardarie con le foto di quello che hai preparato per cena o con le lamentele su come di sei svegliato stamattina. Alla base del modello di business delle piattaforme social c’è la produzione massiccia e soprattutto GRATUITA di contenuti da parte di una minoranza di profili.

 

IMG 1093Senza una quota sufficiente di contenuti davvero engaging, che facciano discutere, una piattaforma social collassa su se stessa come un cartone vuoto. Le piattaforme non sono in grado di produrre autonomamente contenuti. O meglio lo sarebbero, ma costerebbe troppo e il modello collasserebbe comunque.

Ogni giorno, miliardi di utenti scrivono commenti, leggono e discutono contenuti prodotti da pochi milioni di “creatori di contenuti” che li postano gratis sui social.

A monetizzare però è la piattaforma, non chi ha prodotto il contenuto.

Questo modello ha funzionato benone fino a poco tempo fa ma mostra lentamente le sue crepe, sotto forma di una carenza di contenuti originali che è sempre più evidente.

Dopo anni di tempo regalati alle piattaforme, sempre più  creatori di contenuti si chiedono perché mai debbano continuare a farlo. Certo, le piattaforme offrono accesso ad un ampio pubblico ma la visibilità è effimera e relegata alla singola piattaforma che ne controlla tutti gli aspetti: qualunque post che contenga un link esterno, ad esempio, viene riconosciuto e cassato dalle piattaforme, che non lo mostrano a nessuno.

Perché regalare tempo e risorse ad una piattaforma che non ti paga, ti banna a piacimento e ti impedisce pure di far conoscere la tua attività al di fuori della piattaforma? Che razza di contratto è?

Non è una questione banale. La realtà che tocchiamo con mano è che i creatori di contenuti sono sempre meno presenti sulle piattaforme dove non si monetizza, e quando lo fanno ci stanno sempre meno e producono roba sempre meno originale. Bisognerebbe essere dentro alle piattaforme per avere i dati, ma il turnover sembra sempre più veloce.

Anche i grandi produttori come giornali e TV hanno finora accettato di regalare contenuti alle piattaforme (si tratta in fondo di rimpacchettare contenuti che comunque preparano per i loro canali) in cambio di visibilità ed engagement. Secondo me non hanno fatto sempre benissimo i conti ma per le piattaforme questo significa avere il garantito il loro maggiore flusso di contenuti originali. Almeno fino ad ora.

La vicenda Twitter-NPR mette il luce l’arroganza con cui le piattaforme trattano anche i loro grandi produttori di contenuti, come se avessero loro il coltello dalla parte del manico, come se il veicolo e la macchina di visibilità potessero fare a meno del contenuto.Non è così, e NPR, andandosene da Twitter, lancia un messaggio chiaro: siamo noi che produciamo i contenuti e li mettiamo dove ci trattano bene. Senza un flusso di contenuti le piattaforme perdono soldi.

La carenza di contenuti veri, non di iscritti, è il vero incubo delle piattaforme.

Uno scenario realistico è che i produttori di contenuti si sveglino dall’ipnosi e facciano i conti, andando solo sulle piattaforme che convengono davvero. Nel caso di NPR, ad esempio, l’emittente sottolinea che Facebook e Instagram sono- per loro- veicoli molto più efficaci in termini di engagement e accesso ai contenuti sui loro canali.

La mia personale previsione è che Musk sarà costretto a chiedere scusa a NPR come un commesso che ha insultato un ottimo cliente e NPR alla fine tornerà su Twitter. Ma l’avvertimento c’è, ed è serio: per la prima volta un grande media se ne va portandosi dietro la palla.

Se vogliono sopravvivere, le piattaforme devono cambiare atteggiamento nei confronti di chi produce i contenuti originali e iniziare a dare loro soldi veri oppure qualcosa che non sia una visibilità di cartone dove loro controllano tutto e passano all’incasso.

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