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La fabbrica della sfiducia

Le fiale di Astra Zeneca durano 6 mesi in un normale frigorifero. Ecco perché la sospensione del vaccino non sarebbe (per ora) un dramma. Se non fosse per una gestione totalmente improvvisata

Le fiale di Astra Zeneca durano 6 mesi in un normale frigorifero. Ecco perché la sospensione del vaccino non sarebbe (per ora) un dramma. Se non fosse per una gestione totalmente improvvisata

paura vaccini

Avrei moltissima reticenza ad accodarmi all’esercito di debunkers e number nibblers che come al solito sono partiti compatti per liquidare tout-court la faccenda della sospensione cautelativa del vaccino Astra Zeneca come una follia priva di fondamento reale, dandosi pacche reciproche di incoraggiamento, e mettendosi dietro alla corazzata delle statistiche da divano.

Questo perché ritengo la farmacovigilanza un sistema serio e complesso e so che la realtà – sempre più articolata rispetto al mondo dei caffè-concerto dei social – potrebbe sempre  impattare come il duro palo di un lampione sul cranio di chi corre a testa bassa copiando gli argomenti dei propri influencer di riferimento.

E’ possibile che le agenzie regolatorie di svariati paesi, compreso il nostro, abbiano preso un enorme abbaglio eccedendo di prudenza e ascoltando solo la pancia del popolo, buttando di colpo alle ortiche un sistema consolidato di vigilanza ? Può essere, anche se io ne dubito, e comunque il responso lo avremo solo vivendo.

E’ però interessante il cortocircuito cognitivo che porta un’intera generazione di debunkers – quelli che basano le loro conoscenze sulla lettura pedissequa e spesso di seconda mano di papers e comunicati ufficiali delle istituzioni- a dubitare ora, e in coro, della fondatezza di una decisione presa proprio dalle agenzia regolatorie del farmaco- quelle “fonti autorevoli e scieeentifiche” che per anni hanno invitato il loro pubblico ad ascoltare invece delle solite “feicniuws”.

Lo dico anche perché la mia bacheca Facebook di oggi è inondata di post di debunkers che fino a ieri, quando si trattava di argomentare contro non ben identificati no-vax, brandivano la solidità della farmacovigilanza e oggi la danno praticamente per defunta, sicuri che nei corridoi delle agenzie regolatorie si ascoltino solo i titoli dei TG e le tendenze Twitter. Può essere, per carità. Però ragazzi decidetevi una buona volta su quali sono le fonti autorevoli, suvvia.

Quando il cheerleading fa il giro a 360 gradi. Fine dell’inciso sui debunkers.

Con un approccio più realistico, diciamo che prendere sul serio e investigare qualunque evento avverso fa parte per definizione del sistema di farmacovigilanza, proprio come si ispezionano con la stessa maniacale attenzione il motore di un velivolo ma anche il cavo di un monitor sul sedile di un passeggero dopo che hanno fatto le bizze.

(se non conosci il significato tecnico di “evento avverso” fermati e informati altrimenti non capirai più niente.  Io l’ho spiegato ai  miei abbonati su Patreon e non lo ripeto qui).

I rari e gravi eventi segnalati con un legame temporale con la vaccinazione sono cio’ che si chiama safety signals: cose che non necessariamente  sono dovute all’intervento medico (vaccinazione) ma che vanno comunque investigate.

Sono lucette che si accendono in un quadrante, e qualcuno deve occuparsene. Fin qui non è difficile ed è appurato che, a grosse linee, il tipo di patologia descritta nei casi infausti di cui si parla in questi giorni non sembra più frequente nella popolazione vaccinata rispetto a quella vaccinata. Lo dice EMA.

Di qui un diluvio di post fotocopia  che iniziano con “se prendi tot milioni di persone e guardi quante ne muoiono senza vaccino…” ed esempi più o meno divertenti per dire che correlation is is not causation, che nei numeri c’è già tutto, e archiviare la faccenda sotto la voce “allarme basato sul nulla che anche un bambino capirebbe”.

Che poi è il  messaggio lanciato l’altro ieri da AIFA: Tutto fumo! Allarme ingiustificato!! Andiamo avanti!   Smentito però clamorosamente dalla stessa agenzia il giorno dopo con la sospensione precauzionale di tutti i lotti del vaccino. Che succede?



Non sono un esperto, né voglio fare finta di esserlo, quindi vi dico semplicemente quello che ho capito guardando tutta la faccenda tra un viaggio e l’altro di lavoro.

Un punto non secondario è che dalle prime evidenze questi eventi trombotici sembrano presentare degli elementi inusuali. Sono accompagnati da carenza di piastrine che sarebbe poco comune per questo tipo di evento. Non mi intendo della questione e ripeto solo a pappagallo quello che dicono EMA e altre fonti tra cui il Paul Ehrlich Institute.

E’ sempre e solo un safety signal, non la dimostrazione di legame causale con il vaccino. Ma capite da soli che la situazione è un po’ diversa da dire che il tutto è una semplice follia generata dai media e dal furor di popolo. E’ vero che c’è evento avverso che in prima battuta e statisticamente avverrebbe lo stesso anche senza vaccino. Ma la modalità di questo evento, nei dettagli, risulta a quanto pare inusuale rispetto alla normale statistica.

In un normale processo di vigilanza, un tratto insolito che si ritrova in certi eventi  è un’altra  lucetta arancione che si accende e dice: “occhio, controllare meglio!”.   Altrimenti siamo tutti d’accordo che è inutile avere un sistema di vigilanza.

Ed è questo dettaglio, almeno io credo, che ha fatto propendere le agenzie di alcuni paesi verso la sospensione, seguite poi da AIFA che, purtroppo, ha dovuto rimangiarsi il cappello come Rockerduck.

Quanto è davvero inusuale quello che si osserva? Quanto tutto ciò è eccesso di prudenza è quanto è paranoia? Non lo so e non sta a me dirlo, ovviamente.

Quello che mi sembra evidente è che nella pratica, almeno al momento, lo stop non sarebbe tutto questo dramma. Il danno eventuale  lo fanno il panico e sopratutto il modo inefficace con cui tutto l’ambaradan è organizzato, gestito e comunicato.

Qual’è davvero il danno di uno stop?

Sospendere un vaccino in questo momento non è certo una decisione facile, ma la cosa ironica e inquietante è che non sarebbe un disastro se solo venisse fatto in modo ordinato con cognizione di logistica e comunicazione.

Mi verrebbe persino da dire che in un piano che contempla di vaccinare praticamente di tutta la popolazione del pianeta debba già dare per scontato che prima o poi qualche evento avverso, più o meno grave, possa comportare uno stop momentaneo o nei casi peggiori l’abbandono di un prodotto.

Mentre si dà per scontato che la sospensione di Astra Zeneca sia l’ armageddon della campagna vaccinale, non si tiene conto che quel vaccino chiuso nelle sue fiale, ha una shelf life di 6 mesi in un normale frigorifero.

Siccome la disponibilità di dosi, e non la capacità di somministrazione, sono il fattore limitante, fermare e riprendere dopo qualche giorno implica soltanto (si fa per dire) il problema logistico di slittare  di qualche giorno le prenotazioni.

Se la logistica fosse davvero sotto controllo, infatti, sapremmo già che dopo una settimana di stop si potrebbe tranquillamente aumentare il ritmo e recuperare il ritardo in pochi giorni  tenendo in frigo le dosi di oggi e aggiungendo quelle che nel frattempo arrivano, senza strapparsi i capelli dalla disperazione e tranquillizzando la popolazione.

Nel caso più raro e infausto in cui dai controlli emergesse un rischio inaccettabile legato al vaccino, non si avrebbe comunque altra scelta che togliere il prodotto dalla circolazione, sapendo di aver fatto la cosa giusta e tempestiva senza però generare un cratere di fiducia pubblica.

Allora qual è esattamente il problema, se non un  disastro di informazione e gestione?

Gestire gli allarmi

Posto che un piccolo allarme suona, posto che  non è probabilmente un delirio come qualcuno dice ma una normale procedura di sicurezza, come andava gestita la faccenda?

Al contrario di  molti maghi del web, so che non esistono ricette magiche  ma solo approcci più o  meno competenti nella pianificazione e gestione logistica e comunicativa.

Non dico di copiare dai best practice di comunicazione del rischio, ma almeno un role-play di quelli che si fanno nei retreat motivazionali sarebbe già un buon inizio per molti che siedono nella stanza dei bottoni della comunicazione pubblica.

Ad esempio: cosa  vorresti sentirti dire prima di imbarcarti su un volo dove  c’è un sensore della ruota  o del riscaldamento che fa le bizze?

Tra la versione: “Gentili passeggeri, per un controllo tecnico il volo avrà un po’ di ritardo, ci scusiamo ma la sicurezza per noi è fondamentale” – (messaggio implicito: ti facciamo aspettare ma quando sali a bordo sai che è tutto a posto perché abbiamo la situazione sotto controllo) e “Ragazzi, tutti a bordo non è che possiamo fermare tutto ogni volta che i sensori suonano ad minchiam. Fidatevi della scienza e dei nostri piloti che sono degli assi” – (messaggio implicito: non abbiamo  la situazione sotto controllo ma non rompere i coglioni, pirla) quale ti fa stare più tranquillo?

C’è poi la terza via, quella del “datismo” che molti amano e farebbe più o meno:  “raga non ci capiamo ancora un gran che, ma si tratta comunque di eventi rari, rischiate di più andando in macchina in tangenziale. Tutti sulla scaletta e a bordo, OK?”. E’ l’enunciazione di una verità statistica che con me sfonderebbe una porta aperta, salvo la tentazione umana di fare salire prima qualcun altro sulla scaletta, e poi vedere come va a finire prima di imbarcarmi sul volo successivo. Tanto chi mi corre dietro.

Se già con me funzionerebbe a singhiozzo, confidare nel dato grezzo come arma finale di convincimento di massa è un capolavoro di ingenuità che non tiene conto di tutto quello che sappiamo su come milioni di persone  davvero percepiscono il rischio.

Come fabbricare sfiducia

Ecco perché la vera catastrofe di questi giorni non è nella sospensione di quel vaccino, che sarebbe una cosa gestibile e dai danni limitati: è nella incapacità di pianificare, gestire e comunicare segnali di allarme, e perfino sospensioni di prodotti che in una campagna vaccinale globale sono da considerarsi quasi inevitabili prima o poi.

E’ ovvio che se il giorno prima hai gridato a tutti che quella lucetta arancione era una minchiata, come hanno fatto AIFA e continuano a fare un’armata di debunker che pensano di avere “la scienza” come datore di lavoro, poi hai chiuso lì e se ti fermi davvero per una pausa, come è successo il giorno, perdi completamente la faccia e devasti quel minimo di fiducia che ancora ti veniva accordata.

E’ ovvio che se hai un sistema di prenotazione che arriva direttamente dai favolosi anni ’90, dove non puoi inserire variazioni senza mandare tutto in palle e gettare migliaia di vaccinandi nel limbo, anche slittare di un giorno si trasforma in un dramma.

E’ ovvio che se in un anno non hai fatto nulla per creare canali preferenziali di emergenza  e di riferimento per la popolazione, anzi hai fatto di tutto per confonderli, qualunque problema diventa insormontabile.

E’ ovvio  che se  nella pianificazione non inserisci anche la possibile, prevedibile, variabile che ti mette in crisi (e gli eventi avversi sono una variabile che ti devi aspettare prima o poi) hai lavorato  male e in modo dilettantesco.

Cosa imperdonabile se dal tuo lavoro dipende il destino di milioni di persone. Ma direi che a quello ci siamo abituati.

** Aggiornamento 17/03/2021 Il Paul Enrich Institute ha pubblicato una nota dove conferma i sintomi inusuali nei pazienti affetti. Sebbene si tratti comunque di eventi rari anche nelle persone vaccinate, si presentano statisticamente in modo più frequente rispetto ai non vaccinati, confermando il flag.

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